Una "historia brevis" per condensare in pochi passaggi la centenaria storia della chiesa parrochiale di San Giuseppe a Sirta, che con la sua imponente cupola è diventata nel tempo il "biglietto da vistita" del territorio.
La storia civile e religiosa della nostra Comunità nasce attorno alla chiesa di san Gregorio, a cavallo tra il XIV e il XV secolo.
L’antica chiesetta, più volte restaurata, innalzata e ricostruita a causa dei danneggiamenti provocati dalle periodiche inondazioni dell’Adda, era punto di riferimento delle comunità sparse sulle montagne, da Alfaedo fino a Tartano.
Sorta in luogo strategicamente molto importante, dove la valle si restringe, essa era affiancata da un’osteria e vicina al “porto”, che consentiva il traghettamento da una sponda all’altra del fiume. La chiesa, dipendente dalla plebana di Ardenno, si è separata da essa il 19 settembre 1495, con la nomina del primo parroco.
Ma attraversiamo i secoli e spostiamoci sul conoide del Fabiòlo, luogo sul quale, nel corso del tempo, casa dopo casa, è sorto il nucleo abitato di Sirta, con la popolazione scesa dalla montagna, anche a seguito della bonifica dell’Adda da parte degli Austriaci.
Dove oggi sorge il municipio, nel 1821 fu costruita una chiesa dedicata a san Giuseppe e, addossata a questa, nel 1850, venne eretta l’attuale torre campanaria. Era un edificio piuttosto piccolo, a capanna: il presbiterio con l’abside, la sagrestia, gli altari laterali.
Appena cinquant’anni dopo la costruzione della prima chiesa, già si avvertiva l’esigenza di un edificio sacro più grande, in grado di accogliere tutta la popolazione, notevolmente accresciuta di numero.
Il parroco e la fabbriceria incaricavano l’ingegner Clemente Valenti di Talamona di studiare le possibili soluzioni.
Il tecnico escludeva ogni possibilità di ampliamento della chiesa esistente, per cui si fece strada l’idea della costruzione di una nuova chiesa.
L’ing. Valenti, nel maggio del 1877, presentò ben tre progetti, tra i quali venne scelto quello a “pianta quadrata, da coprirsi con la cupola, oltre l’atrio, il presbiterio e le absidi, da foggiarsi e decorarsi a stile del Rinascimento”.
Nel primo anno si eseguirono le murature di tutto il perimetro per circa 2 m di altezza, ma ben presto sorsero i primi problemi che portarono alla sospensione dei lavori per ben due anni. Tra riprese e sospensioni dovute in larga parte alle scarse finanze, si giunse, nel 1881, alla fase decisiva, sotto l’impulso del nuovo parroco, don Giuseppe Galbusera di Talamona, anche se la cronica mancanza di fondi non consentiva di procedere con ritmo spedito nei lavori.
Lo sforzo economico fu immane, nonostante il lavoro sostenuto gratuitamente dalla popolazione.
La memoria popolare ricorda ancor oggi come i viandanti che scendevano lungo la valle del Fabiòlo si impegnassero a raccogliere nel greto del torrente i sassi migliori per trasportarli in paese, come pure si fa memoria delle donne di Sirta che giravano i paesi per vendere i tipici “scarpii” a beneficio della chiesa.
Vennero rivolti appelli allo Stato e al Papa Leone XIII, che mise a disposizione un cammèo rappresentante l’Immacolata, da mettere all’asta.
La fine dell’anno 1888 segnava, dopo undici anni dalla posa della prima pietra il primo coronamento degli innumerevoli sacrifici affrontati.
Infatti le strutture essenziali venivano ultimate e la chiesa, “rusticamente” completata, fu dichiarata “funzionabile” e benedetta dal Vicario Foraneo di Ardenno.
Rimaneva molto da fare e da completare e, sopra a tutto, incombeva la mole dei debiti da saldare.
Il 19 ottobre 1893 il Vescovo di Como Mons. Andrea Ferrari consacrava la chiesa e, secondo una tradizione orale, tenne l’omelia don Luigi Guanella: due persone destinate agli onori degli altari.
Le prime pitture della chiesa, realizzate dal pittore Pietro Passerini, su ingiunzione del Vescovo di Como Adolfo Luigi Pagani, che, nella visita pastorale del 1928, le trovava “disdicevoli nella loro volgare fattura”, vennero sostituite tra il 1946 e il 1947 dagli affreschi realizzati dal pittore Primo Busnelli di Meda, lo stesso della chiesa di Castione e, in seguito, della chiesetta di Sostila.
Opere artistiche di maggior pregio sono i 15 stalli lignei del coro, il pulpito e il leggìo, realizzati da intagliatori locali che avevano appreso l’arte da maestri della Val Gardena. Interessante anche il tondo in metallo dipinto a olio dal Gavazzeni di Talamona, raffigurante san Giuseppe col Bambino, fissato nel paliotto dell’altare.
La chiesa ha una pianta a croce latina. La facciata, suddivisa da quattro lesene, è coronata da un timpano. Il portone in legno massiccio è incorniciato da un portale in lastre di granito e sormontato da una lunetta nella quale è affrescato san Giuseppe con il Bambino.
I muri perimetrali, a vista, conservano a varie altezze i buchi che sono serviti per le impalcature. Osservando bene si possono notare, collocate anche molto in alto, enormi pietre, la cui sistemazione deve aver richiesto sforzi non indifferenti considerata la mancanza, a quell’epoca, di idonei mezzi meccanici. In corrispondenza dei tre altari, tre absidi, sormontati da un catino absidale... e, infine, la cupola che si eleva maestosa, a 38 m di altezza e con 350 mq di superficie, sopra un tamburo ottagonale e termina con una lanterna.
Cupola, “croce e delizia”, così si esprimeva don Raimondo Bettini, parroco alla Sirta dal 1942 al 1990, accennando ai problemi creatisi nel tempo a causa del rivestimento in tegole selvatiche murate e alle conseguenti infiltrazioni d’acqua piovana.
Si cercò di studiare una soluzione; nel 1915 venne avanzata anche l’ipotesi di sostituzione della cupola con un tiburio ottagonale, progetto, definito dall’ing. Calori di Milano “una grave iattura per la bella chiesa”, e così non se ne fece niente.
Nel 1947 le tegole murate vennero sostituite con lamiere di zinco, rilevatesi, in seguito, inadeguate a sostenere le escursioni termiche, con conseguenti fessurazioni.
Finalmente, nel 1967, si addivenne all’attuale rivestimento della cupola con lastre di serpentino della Val Malenco, lavorate a squame di pesce e poste a corsi regolari e concentrici.
E così la nostra cupola continua a dominare sul paesaggio circostante, seconda per ampiezza nella Diocesi solo a quella della cattedrale di Como, ma non seconda per bellezza, come ebbe a dire il Vescovo di Como Mons. Diego Coletti nel corso di una cordiale conversazione. L.L.
Scopri di più sulla storia della chiesa