Articolo sulla realtà di Sostila, ormai un po' datato, ma che illustra in modo generale ciò che Sostila oggi è e vorrebbe diventare...
Sostila: oltre la retorica dei 'paesi fantasma'
In un piccolissimo paese valtellinese a 800 m, non raggiunto dalle strade, diverse piccole iniziative di carattere culturale, agricolo e turistico lasciano intravedere una possibilità di rivitalizzazione.
Di Sostila ho sentito parlare per la prima volta solo pochi giorni fa. Fa parte del ristrettissimo gruppo - almeno in Lombardia - dei 'paesi senza strada'. Una lacuna, lo ammetto, per chi ritiene di conoscere bene la montagna lombarda. Gli altri 'paesi senza strada' li conosco abbastanza bene: Savogno in Val Bregaglia (So) e Monteviasco (Va). Va subito precisato che Montevisco è abitato tutto l'anno ed molto visitato dai turisti grazie ad una comoda funivia e che a Savogno si sta realizzando una pista forestale per il collegamento con automezzi.
mappa tratta da: G. Bianchini, R. Bracchi, Dizionario etimologico dei dialetti della Val Tartano, IDEEV, Istituto di dialettologia ed etnografia valtellinese e valchiavennasca, Sondrio, 2003.
Sostila rischia quindi di divenire il paese meno accessibile in assoluto. Una situazione poco invidiabile. In passato, però, le cose stavano molto diversamente.
Il declino di Sostila è comune a tanti piccoli centri di 'mezza montagna', ma è stato accellerato dalla realizzazione, tra il 1956 e il 1957, della strada carrozzabile per la Val Tartano che, invece di risalire dalla Val Fabiola, si inerpica con arditi tornanti sul versante destro del vallone del Tartano.
Sostila, nel 1928, contava circa 120 abitanti ma già nei primi anni '50, quindi prima della nuova strada per Tartano, questo numero si era tragicamente dimezzato, fino ad arrivare ai 14 abitanti (tutti anziani) all'inizio degli anni '60. L'ultimo abitante che nacque e visse a Sostila e che morì in paese scomparve nel 1965 (vedremo poi la lapide al cimitero). Già nel 1958 avava chiuso la scuola (una pluriclasse ospitata nei locali della Casa parrocchiale). In ogni caso, anche se non fosse stata realizzata la nuova strada, il traffico della mulattiera si sarebbe comunque esaurito in seguito alla crisi degli alpeggi e dell'economia montana che ha colpito la Val Tartano come tutte le altre valli' secondarie' e piuttosto appartate delle Alpi.
Oggi la carrozzabile per Tartano è diventata un'ancora di salvezza. Per accedere a Sostila, se non si vuole seguire la mulattiera che parte da Sirta, in fondo alla val Fabiòlo, si lascia la macchina sulla strada per Tartano (proprio in corrispondenza del cartello 'Benvenuti in val Tartano') e ci si inerpica per un sentiero ben tracciato. Il parcheggio (foto sopra) in realtà è solo uno slargo che consente la sosta di 3-4 auto. In corrispondenza del 'parcheggio', però, vi è anche una fermata del bus di linea.
Dagli 880 m del 'parcheggio' si deve salire a quasi 1.000 m ma poi, superato il piccolo valico, si è già quasi arrivati alle case più alte di Sostila. Un comodo sentiero, che diventa presto mulattiera, conduce poi al 'centro' di Sostila a 820 m di quota.
Peccato che all'inizio del sentiero (in corrispondenza del parcheggio) non vi sia nessuna indicazione o cartello che nomini Sostila. Vi è solo il segnavia di continuità in vernice bianca e rossa. Non vi è nessuna indicazione neppure al bivio della foto sopra. Qui bisogna tenere la sinistra (altrimenti si va a in val Tartano). Il sentiero è ben segnato ma presenta degli 'strappi' e delle gradinate intagliate nella roccia. Molto sicuro in condizioni di fondo asciutto può presentare qualche difficoltà in caso di pioggia, 'vetrato' e ghiaccio.
Il sentiero si inerpica con strette serpentine e presto la strada asfaltata appare molto in basso (foto sotto in alto).
Tra uno 'strappo' e l'altro qualche breve tratto in piano consente di tirare il fiato e di ammirare gli scenari del sottostante fondovalle e dell'opposto versante retico (nella foto sotto si osserva l'intaglio della Val Masino). Come si vede dalla foto l'innevamento è attualmente limitato alle alte quote.
Al culmine della salita una nota di colore. Sono, però, fiori di plastica, collocati per devozione sotto un crocefisso (foto sotto). Tenere la sinistra (a destra un sentiero risale il crinale e porta a Campo). Di qui in poi il sentiero per Sostila è marcato 17.
Non molto dopo aver scollinato ci si imbatte nella prima abitazione. É la casa dei pastori (due fratelli) che mantengono qui capre e pecore ma che non restano tutto l'inverno sul posto. Per diciassette anni, però, lo hanno fatto (la notizia ci è stata data da alcune persone incontrate successivamente). Ora scendono a Delebio per svernare salendo comunque di frequente per accudire le bestie. Si lascia a destra il sentiero di accesso alla casa dei pastori e si prosegue a sinistra in discesa. In realtà un cartello 'casereccio' che indica Sostila c'è, ma l'ho visto e fotografato solo nel ritorno. Nell'andata non l'ho neppure notato, tanto è 'discreto' e 'mimetico' (e 'dominato' dal cartello 'Attenti al cane').
Quando il sentiero-mulattiera entra nel castagneto si presenta un'insidia. Nascoste da spesse colti di foglie di castagno vi sono lungo il tracciato delle lastre di ghiaccio vivo. Notiamo (foto sotto) che qualcuno ha sparso della fine segatura per evitare brutte scarligate. Segno che c'è qualcuno che provvede alla manutenzione spicciola delle 'infrastrutture di comunicazione' nella piccolissima comunità.
Arrivato alle prime case, isolate, del paese chiedo qualche notizia ad un signore intento al restauro della propria abitazione. Il tetto è nuovo, realizzato con travature e copertura in piöde tradizionali ("per lo più recuperate", precisa). In sintonia con il largo uso del legno locale per le balconate sta completando il loro ripristino con materiale di castagno prodotto in loco (mi fa vedere la paleria pronta per la messa in opera). Dopo un po' di conversazione il mio interlocutore mi informa che c'è una signora di quasi ottant'anni, nata qui a Sostila, che ricorda molto bene quei dettagli sulla vita rurale di un tempo che mi interessano. Quasi subito l'anziana donna si materializza. Procede in salita trasportando una tanichetta di plastica piena d'acqua (questa 'apparizione evocata' per qualcuno potrebbe sembare collegata alla fama 'magica' di Sostila...). É scesa in paese, all'unica fontana-lavatoio dove si può attingere acqua potabile. Una bella fatica. É subito chiaro che qui il problema principale è quello dell'acqua.
La signora, in ogni caso, è prodiga di informazioni interessanti: riferisce che la famiglia aveva otto mucche. Pare difficile che in un posto come questo si possa mantenere una mandria di quelle dimensioni per quanto piccola. In passato, però, ogni superficie possibile veniva utilizzata come prato-pascolo. I prati dovevano essere molto più estesi come testimonia il fatto che il bosco - a parte il castagneto - è di evidente neoformazione. La presenza di stalla di una certa dimensione è testimoniata dalla foto sotto scattata in un 'rustico' collocato immediatamente a valle del fabbricato 'recuparato' presso cui si sono svolte le conversazioni.
La signora aggiunge che: "il pascolo era sacro, non si potevano fare orti o campi di patate". In realtà qualche campicello di patate c'era ma su aree marginali, pianelli lontano dal paese. É probabile che questa situazione di 'pastoralismo integrale' sia succeduta ad una fase in cui la coltivazione dei cereali assumeva una certa importanza. Sempre limitata però; siamo sul versante Orobico valtellinese che è rivolto a Nord.
Un po' di segale e di 'dumega' (varietà di orzo) si coltivavano anche qui. I miei interlocutori chiariscono che si tramandava la memoria di queste coltivazioni ma che non le hanno mai viste, nemmeno da piccoli. Quando poi scenderò in paese, altri abitanti faranno cenno alla presenza di un mulino. Nella dieta, però, la castagna aveva comunque un ruolo prevalente. Insieme al latte.
Il latte (vaccino e caprino) veniva utilizzato per le minestre ("pochissima pasta e pochissimo riso", ci tiene a precisare l'anziana informatrice). Le capre avevano un ruolo importante (evidentemente anche in barba alle norme forestali). Il latte, oltre ad essere consumato fresco nella minestra, serviva per produrre 'stracchini' (tondi e bassi), miscelato a quello vaccino. Questa informazione è molto interessante e viene a confermare parecchi altri elementi da me raccolti altrove e da fonti scritte. Quanto alla tecnica degli 'stracchini' va rilevato che qui (in Val Tartano) era molto forte il legame con la Val Brembana bergamasca e che, persino in alpeggio, venivano prodotti stracchini. Lo osservava Giovanni Bianchini nella sua pregevole opera: Gli alpeggi della Val Tartano ieri e oggi. Economia e degrado ambientale nella crisi dei pascoli alpini (Sondrio, 1985). Il mantenimento delle vacche da latte a Sostila, in ogni caso, presupponeva l'alpeggio in Val Tartano e la provvista di 'fieno magro' per l'inverno ad integrazione del fieno. La raccolta veniva eseguita sin in Val Corta (una delle biforcazioni dell'alta Val Tartano). Grosse fatiche. Grossi sacrifici.
Dopo queste prime 'interviste' scendo verso il paese. Passo attraverso una 'contada' dove mi fermerò al ritorno e sosto davanti alll'ex-cimitero. Il cimitero è a metà strada tra la contrada e il 'centro' rappresentando un elemento di saldatura tra i due insediamenti. La presenza del cimitero esprime nel grado più forte il legame tra una comunità umana e la sua terra ma è anche un modo con il quale la comunità si 'racconta' al visitatore che, tanto per cominciare, si fa un'idea dei cognomi più diffusi ma anche di altre elementi. Un cimitero che chiude, che 'muore', trasmette un senso di vuoto, estremo abbandono, di fine di un mondo (simboleggiato, qui a Sostila, dalle croci arrugginite appoggiate alla cinta perimentrale della foto sotto). Sarebbe meglio collocarle altrove ('musealizzarle') o lasciarle lì? Non ho risposta.
Gli ultimi a morire a Sostila sono stati i due Comperti ricordati dalle lapidi collocate sul muro esterno del cimitero stesso. Particolarmente toccante l'epigrafe che ricorda la vita tribolata di Comperti Carlo, morto nel 1960 a soli 61 anni: "PORTO' CON MAGNANIMITA' UNA SELVA DI CROCI IN UNA VITA TESSUTA DI SACRIFICI. ALLA BEATA VERGINE DELLA NEVE LASCIO' IN MORTE I SUOI PICCOLI RISPARMI". In tempi in cui la vita era tessuta di sacrifici per tutti un epitaffio simile chissà a quali tribolazioni fa riferimento. L'altro Comperti, vissuto sino a 88 anni e morto nel 1965, fu l'ultimo abitante di Sostila a morire in paese.
Finalmente arriviamo in 'centro' del paese. Ciò che distingue Sostila dai tanti nuclei rurali è la presenza della chiesa, dedicata alla Beata Vergine della Neve. Se il cimitero è il simbolo di una storia spezzata, la Festa della B.V. della Neve, alla prima domenica di agosto, è il simbolo della continuità. Di una celebrazione che ha ancora la forza di scandire il ciclo dell'anno, di spingere la gente a venire quassù a piedi. Per un giorno il paese rivive. Un tempo si ricorreva alla B.V. di Sostila per proteggere la valle dalla siccità (la sua 'specialità'). Da Campo scendevanoprocessioni di fedeli per invocare l'iintercessione della Vergine e ottenere la pioggia.
A Sostila e in tutta la Val Fabiolo (così come nella sottostante Sirta), però, le forze avverse della natura, identificate con spiriti maligni, più che nella siccità erano identificate con la furia inconrollabile delle acque del torrente Fabiolo. Una minaccia incombente. La valle, infatti, è come un granmde imbuto che termina in una forra. Si capisce bene il pericolo delle alluvioni.
Le alluvioni del 2008 e del 1987 sono solo le ultime di una lunga serie. Nel 1911 il parroco di Sirta dovette ricorrere a tutta la sua forza per esorcizzare le forze del male. Si chiamava Don Abbondio Della Patrona e decise di affrontare faccia a faccia gli spiriti maligni: una notte salì da solo fino a Campo e al suo ritorno raccontò di aver constatato personalmentecome la valle fosse in preda alle forze demoniache, tanto che sconsigliò a tutti di frequentarla anche di giorno. Riuscì a placare la furia de maligno, affrontandola con il suo spirito, ed evitando così che le case della Sirta venissero distrutte dalla potenza del fiume in piena, ma ne uscì prostrato, con la salute compromessa. Raccontava di essere stato assalito da spiriti muniti di nodosi bastoni, ed infatti il suo corpo ne riportò i segni per lungo tempo.
Questo racconto, collocato esattamente un secolo fa (e non nel medioevo), testimonia come in queste montagne il cristianesimo si sia intrecciato con il substrato dlele antiche credenze degradate a leggende e svuotate degli originari significati spirituali. Probabilmente anche la Madonna delle nevi (una Madonna presente in diverse località della montagna lombarda) può essere ricondotta ad una trasposizione di una divinità della natura come la 'Dea bianca' celtica Ceridwen (legata alla Luna, alla Betulla, ad animali bianchi).
Parlare di leggende, di superstizioni a mio avviso significa mancare di rispetto per una dimensione del sacro che nella storia si è espressa in molte forme. È puerile ridere, attribuire all'ignoranza e alla fame queste superstizioni. Dietro c'è dell'altro.
A Sostila le streghe erano particolarmente di casa e usavano radunarsi sul vicino Crap del Mezzodì, una cima provvista di comodi 'piazzi'. Anche i preti venivano accomunati alle streghe in una dimensione stregonesca. Non vi erano solo potenti esorcisti benefici (come Don Della Patrona), ma anche preti malefici. Essi avevano la capacità di trasfromarsi in animali (a Sostila si raccontava di un parroco 'felantropo' ossia versione gattesca di un licantropo), erano in grado di gettare il malocchio su uomini e bestie, per vendicarsi, per perseguire i propri fini malvagi. Quelli dotati di questi poteri erano molto temuti e di loro si diceva che avevano (o praticavano) 'la fisica'. Il già citato Bianchini parla di questo timore per i preti con riferimento al pieno secolo XX.
Un masso inserito nel muro (lato piazza) della chiesa reca due croci ('potenziate') del tipo di quelle utilizzate per sacralizzare i confini e i luoghi 'pagani' (massi incisi e coppellati). Perché questa 'ridondanza' di 'cruficicazione'?
Oltrepassata la piazza (foto sopra) incontro altri due abitanti (probabilmente i pastori, ma lo scopro alla fine e con loro non discorro quindi di animali). Con loro parlo, invece, delle pere e dell'acqua. Mi indicano le piantine da poco collocate in sede e protette da 'shelter'. Si trovano appena a valle della via dove si affaccia il lavatoio-fontana che, come visto, rappresenta l'unica fonte di approvvigionamento di acqua potabile (rifornito da una piccola sorgente e non dipendente dall'acqua 'altrui'). Alla fine della strada mi indicano il 'Rifugio'. É una struttura, completata (con i letti, la cucina) ma non ancora aperta; ideata per favorire la sosta degli escursionisti che praticano il trekking sulle Orobie. Un modo per inserire Sostila, che di elementi di interesse non è certo priva, in 'rotte' frequentate. Però manca l'acqua e il 'Rifugio' non può aprire. Almeno per ora.
Torniamo quindi in piazza. Qui i miei interlocutori si rivolgono ad un anziano (apparentemente con il ruolo di 'Sindaco di Sostila') chiedendogli di spiegarmi cosa c'è sotto. La colpa sarebbe tutta di Tartano. In località Case, alimentata dall'acquedotto di Tartano, c'è una fontana che, oltretutto, insiste - sia pur per poco - sul territorio di Forcola. Qui dal troppo pieno l'acqua in eccesso va nella fognatura. L'acquedotto di Sostila non 'ruberebbe' quindi acqua da quello di Tartano ma utilizzerebbe quella che va persa. Così sostiene l'anziano e così sostiene anche l'Associazione Amici Val Fabiolo che minaccia di portare la questione nientemeno che davanti al Presidente della Repubblica . La riunione tenuta in prefettura qualche giorno fa non sembra essere riuscita a dipananare i nodi della controversia. Sembra l'eco delle fiere contese tra paesi del passato. Sintomo di campanilismo e 'mancanza di sinergie' o di una, sia pure ruspante, vitalità? Anche per questa ulteriore amletica questione non ho risposta. In ogni casol'Associazione, sorta la scorsa primavera, ha anche obiettivi più ampi. Vediamo cosa si propone di fare l'Associazione Pro Sostila (ufficialmente Pro Val Fabiolo) attraverso le parole della presidente, Francesca Mottalini, riportate dalla stampa locale:
"Le priorità dell’associazione saranno il recupero della cultura e delle tradizioni locali e perché no anche delle antiche leggende attraverso una serie di iniziative su cui stiamo già lavorando. Grande attenzione riserveremo al recupero ambientale della Val Fabiolo e di Sostila prevedendo attività di manutenzione territoriale diffusa dei sentieri e dei boschi anche in collaborazione con enti sovracomunali; inoltre ci proponiamo la valorizzazione delle colture esistenti quali il castagno e le famose pere di Sostila. Queste iniziative peraltro seguono il percorso già intrapreso dall’amministrazione comunale che, negli anni passati, ha recuperato a Sostila alcuni edifici e a questo proposito contiamo di attivarci per superare le difficoltà legate alla fornitura dell’acqua potabile".
Un aspetto positivo della realtà di Sostila è che non si registra solo l'attivismo del Comune, guidato dal dinamico sindaco Tiziano Bartolini, e quello dell'associazione Pro Loco Amici della Val Fabiolo. Vi è anche l'Associazione Furfulera "per lo studio, la conservazione e il recupero delle dimore rurali alpine" (vedi il Manifesto). L'associazione ha sede nella soprastante Tartano ed è presieduta dal noto Arch. Dario Benetti (uno dei massimi esperti di architettura tradizionale alpina e del suo recupero, nonché anima dei Quaderni Valtellinesi, dell'ass. ambientalista Humana dimora ecc.). Benetti sta sviluppando un progetto su Sostila. Una sintesi delle varie iniziative è rappresentata, almeno nelle intenzioni, dal progettato Ecomuseo dell'architettura rurale e della pastorizia delle Orobie che potrebbe vedere la collaborazione (e la pacificazione) tra Forcola e Tartano. Sperem.
Intanto il progetto di recupero del germoplasma della 'pera di Sostila' va avanti a cura della Fondazione Fojanini di Sondrio. Le vecchie piante sono numerose (vedi foto sopra). Alle pere potrebbero unirsi altre iniziative sulle patate e, perché no, su altri frutti che venivano coltivati a Sostila quali ciliege e mele. L'aspetto interessante è che questa coltivazione non era praticata per autoconsumo ma per una 'filiere corta' ante litteram. La frutta veniva infatti venduta in Val Tartano (in particolare a Campo). Gli abitanti di Sostila con cui ho parlato mi dicevano che vi erano anche donne di Campo che scendevano con la gerla per fare il carico di frutta. Nella breve conversazione in piazza ho accennato anche alla presenza del libro su Sostila (Natale Perego, La Val Fabiolo e Sostila, Bellavite, Missaglia (Lc), 2002). L'esistenza del libro era ben conosciuta dagli abitanti che mi hanno anche informato che è in preparazione un nuovo volume sul paese. Di fronte a questa notizia non ho potuto fare a meno di osservare che la segnaletica non è 'all'altezza' della fama del paese. Il 'Sindaco di Sostila', cui gli altri mi hanno invitato a indirizzare la 'lagnanza', ha risposto che c'era un cartello all'inizio del sentiero ma che è stato fatto sparire dai 'soliti noti'. Un'allusione alla 'faida con Tartano a proposito dell'acqua? Meglio non approfondire.
Prima di accomiatarmi chiedo in che ora della giornata il sole si fa vedere in questa stagione. Mi dicono che l'insolazione è ancora breve, una mezz'ora dopo il mezzogiorno. 'Però per mesi non si vede'. La valle è stretta e guarda a Nord. È normale.
Prima di riprendere la via del ritorno traggo alcune considerazioni: il paese è presentato spesso come 'fantasma', del tutto disabitato in inverno. Gli abitanti incontrati sono concordi nel sostenere che c'è sempre qualcuno. Non in modo continuativo. Due pensionati trascorrono qui i giorni feriali e non il week-end. Inoltre, sembra che i Sostilini ci tengano a far sapere che il loro non è un paese che vive una fiammata solo in estate e che anzi in estate c'è meno gente che in altre stagioni. A giudicare dalla legna ben ordinata davanti alle case e ai piccoli lavori che fervono qua e là viene quindi da concludere che è improprio parlare di 'paese fantasma'.
Ripercorrendo lo stesso tragitto dell'andata mi soffermo ora sulla 'contrada'. Il nucleo 'minore' di Sostila. Qui, però, vi sono le case più antiche.
Le balconate e le scale per raggiungere i livelli superiori non sono certo esclusive di qui (a Savogno sono ancor più rappresentate). Però la casa, o meglio il 'complesso' dlele foto sopra è 'integra' e, come ci informa la datazione di un architrave (foto sotto), risale (almeno in parte) al 1566.
Case molto vecchie ma non certo ruderi. Con la legna tagliata pronta per essere usata e il luchetto Yale di rinforzo al vecchio catenaccio forgiato a mano.
Questo 'modello' di scala coperta rimanda a esempi nordici. Sono stati scomodati soldati tedeschi disertori di secoli lontani per spiegare queste influenze. Mi viene da ridere perché anche per le case in legno strutturale a blockbau della soprastante Val Tartano sono stati scomodati i soliti Walser (per di più da un noto ed apprezzato studioso di 'alpinitudine'). Walser che qui non hanno mai messo piede essendosi 'affacciati' nella non certo vicinissima Val San Giacomo (Val Chiavenna).
Sopra la catasta di legna un elemento simbolico-ornamentale frequente e spesso utilizzato inchiodato sulle porte dei fienili ma anche sulle case: un teschio di capra (sopra). Funzione? Apotropaica, ovvero tenere lontano influenze negative (spiriti maligni, malocchio) . O è simbolo di fertilità?
Sopra un'altra foto della scala coperta con il suo bravo cancelletto. Sotto una visione d'insieme della facciata di questa interessante dimora ruralpina.
Sul tratto di mulattiera che attraversa la piccola borgata il segnavia è 'fresco' (foto sotto). Buon segno. Qualcuno si prende la briga, oltre che parlare e progettare, di prendere anche in mano il barattolo di vernice e di camminare. Ancora poco, però. Vi ricordate il cartello 'tenero' ma inefficace che ho mostrato all'inizio? Il turista che viene qui le info le deve assumere direttamente dalla gente. Questo è il bello di questi posti. Posti dove parli di una sciura del posto e questa appare; dove nel corso di una piccola visita socializzi e 'pratichi interazioni' con la maggior parte, forse tutti, gli abitanti al momento presenti. Ma non sempre la gente ha tempo di 'contarla su' e qualche supportino informativo non guasterebbe. Renderebbe credibili i 'grandi progetti'. E valorizzerebbe quello - non è poco - che si è fatto e si sta facendo in termini di recupero edilizio.
Un'altra catasta di legna ben ordinata conferma che il posto non è certo così abbandonato come la retorica dei 'villaggi fantasma' tenderebbe a far credere. Ma è meglio così. La natura 'incontaminata' e i 'villaggi morti' li lasciamo agli ambientalisti maniaci e misantropi.
Risalendo un'ultima occhiata sulle praterie di Sostila. La conca è chiusa da betulleti (Ceridwen non c'entra, è uno stadio intermedio della progressione vegetazionale, per dirla in termini tecnici). Prima era prato. Per fortuna che la nuova normativa forestale ora consente un recupero più facile al prato rispetto al passato (o così almeno spero visto che della burocrazia non ci si può fidare e che tolte alcune 'complicazioni' a volte rispunta 'la carta').
Le pecore si riposano pigre. La 'pappa' l'avranno in stalla. Qui non c'è ancora niente da mangiare. Intanto, però se ne stanno all'aperto ed è tutto 'benessere'.
Adattamento da: www.ruralpini.it